Oggi incappo fortuitamente in un ulteriore esempio di scontro di civiltà. Ricevo (probabilmente per errore) da un caro amico una mail di risposta destinata a un signore che vuole dare in affitto il suo appartamento. Trovare una casa in affitto a Parigi è un’impresa degna di un eroe omerico, e il mio amico, novello Ulisse, si trova preso tra le fauci dei mostri Scilla e Cariddi: da una parte l’esigenza di avere un tetto sulla testa e dall’altra la ventura di avere a che fare con delle procedure orwelliane, assolutamente distopiche.
Il padrone di casa gli scrive e, solo per poter prendere visione dell’appartamento, fa le seguenti richieste:
Bonsoir
Voici la liste des documents à fournir le jour de la visite si ce dernier vous convient:
– 3 dernières fiches de payes
– 1 attestation de l’employeur
– 2 derniers avis d’imposition
– 1 carte d’identité
– 3 dernières quittances de loyers
– 1 mois de caution
– 1 mois de loyer[Buonasera, ecco la lista dei documenti da fornire il giorno della visita, se lo ritiene conveniente: le 3 ultime buste paga, 1 certificato del datore di lavoro, le 2 ultime dichiarazioni dei redditi, 1 carta d’identità, le 3 ultime ricevute d’affitto, 1 mese di cauzione, 1 mese d’affitto]
Il signore in questione avvisa poi il mio amico che riceverà una distinta (bordereau) in cambio del pagamento del mese di affitto anticipato e del mese di deposito, come garanzia del pagamento stesso; laddove l’appartamento non fosse di suo gradimento, potrà, con quella distinta, farsi restituire la somma versata (alla Posta), altrimenti, in cambio delle chiavi e dopo la firma del contratto, consegnerà la distinta originale al proprietario.
Non tutta Parigi funziona così, sia chiaro. Ma questo è un ottimo esempio della direzione che da tempo ha preso la strutturazione dei rapporti umani in questo lembo estremo di Occidente. Ci sarebbero da scrivere saggi infiniti sulla burocratizzazione delle procedure e dei rapporti, sull’invadenza della sfera giuridico-procedurale nella vita privata, sull’eccesso di normazione e così via.
Il mio amico, che è un uomo vero (à la Sciascia) e un fine cervello, risponde così all’oscenità di queste richieste:
Cher Monsieur ***,
desolé mais j’ai trouvé une autre solution, où la seule garantie qu’on me demande c’est mon visage. Bizarre, frainchement, pour moi aussi, mais toujours préferable.Quand meme, bonne chance et merci encore de votre compréhension
[firmato]
[Egregio Signor ***, sono desolato, ma ho trovato un’altra soluzione, in cui la sola garanzia che mi si chiede è la mia faccia. Bizzarro, francamente, anche per me, ma sempre preferibile. Ugualmente, buona fortuna e grazie ancora della sua comprensione]
“… la sola garanzia che mi si chiede è la mia faccia”. Un capolavoro.
In una sola frase si riassume una narrazione intera, un portato enorme di implicazioni, di supposizioni, di contesti, d’interpretazioni. E allo stesso tempo si mette in scena uno scontro titanico, di civiltà, tra un mondo – per farla molto breve – di uomini e un mondo di funzioni. La faccia, il viso, il volto – cioè lo sguardo, perchè quando diciamo faccia intendiamo sguardo – si offre come deposito di valori etici e di correttezza giuridica: la frase kantiana “Der bestirnte Himmel über mir und das moralische Gesetz in mir” (il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me) si evolve allora in il tetto di una casa sopra di me e la legge morale sulla mia faccia.
[Gian Maria Volontè in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”]
IP
29 settembre 2010
Oddio questa, nelle numerose atrocità già sentite, mi mancava! E la risposta è leggendaria, veramente!
Grazie per il link. 🙂
abcdeeffe
29 settembre 2010
Dovere!
Giacomo
29 settembre 2010
L’oscenità delle richieste deriva soprattutto dal fatto che sono formulate in un contesto del tutto privato: chi è quel signore per giudicare? secondo quali criteri? ecc. Tutto opaco, non criticabile, non riformabile. Ma anche la faccia è opaca. Dietro c’è tutta intera la pretesa di un cosmo inaccessibile.
abcdeeffe
29 settembre 2010
Errore Giacomo, errore. Quelle richieste, al contrario, hanno una loro logica, perchè insistono su criteri socialmente riconosciuti e su parametri oggettivi di valutazione: lo stipiendio, la puntualità dei vecchi pagamenti, la garanzia di somme di denaro etc. La loro oscenità consiste nella dismisura rispetto alla controparte, e nella considerazione di essa come completamente privata di ogni fattore umano. Non esistono le storie degli uomini, solo le loro funzioni.
Quello che dici sul volto però è vero. Eppure, non capita talvolta che esso sia completamente trasparente?
Giacomo
30 settembre 2010
Vediamo se ho capito: tu sostieni che giudicare oscuri i «criteri socialmente riconosciuti e [i] parametri oggettivi di valutazione» significherebbe cadere in quella stessa giustificazione/esaltazione dell’oscurità che sto criticando, perché avrei in sostanza rivendicato il diritto di disinteressarsi delle regole sociali in nome del presunto valore dell’individualità ecc. Insomma: esiste un codice, chiaro se solo lo si studia, utilizzabile se ci si esercita, soggetto ai mutamenti che gli sono propri – un codice sociale. Conoscerlo sarebbe segno di maturità.
Ma non è questo codice fatto della caotica interazione di tutte le oscurità individuali? E cioè proprio di quei fattori umani di cui parli, di quelle storie di uomini ecc.?
Quanto alla trasparenza di un volto, temo che esista soltanto se di quel volto si è alleati, e temo che in tal caso si riduca a un riflesso, a un rispecchiarvisi.
abcdeeffe
30 settembre 2010
Vediamo se mi spiego meglio: il codice esiste ed ha in origine una sua razionale funzione. Il problema è che esso è sempre più distaccato da quella funzione stessa, la supera assumendo una sua autonomia: esso si eleva a potenza in modo esponenziale, e così facendo termina per perdere la sua ratio originale e imporsi ai suoi stessi creatori. Un po’ come la rivolta delle macchine… 🙂 L’eccesso di richieste del proprietario – più o meno giustificate da una certa consuetudine locale – pecca in primo luogo di formalismo, e cioè pecca di stupidità: e se io fossi ricco di famiglia e potrei permettermi di pagare la casa senza problemi, non per questo avendo un lavoro? E se la casa in cui vivevo prima era intestata a qualcun altro e di conseguenza non posseggo le ricevute d’affitto? Qui la macchina fa solo il suo inesorabile cammino, al di là delle stesse presumibili esigenze del proprietario, anzi, contro di esse. Creata per tutelarlo, finisce per danneggiarlo.
A questa perversa dinamica si oppone, in uno scontro dialettico, la metafora del volto. Metafora perchè appunto oscuro e quindi interpretabile. Non puoi ridurre tutto a procedure, men che mai procedure linguistiche o comunicative, così facendo si perderebbe il contesto e gli stessi metalinguaggi. I quali, nostro malgrado, esistono. E non credo che essi siano fattore di oscurità, anzi spesso sono elementi di chiarezza. Il problema è saperli comprendere. Uno strumento non ha valore in sè, ma è l’uso che se ne fa che ne definisce il valore.
Michela
2 ottobre 2010
sono d’accordo sulla trasparenza dei volti..a me tante volte è capitato di capire, semplicemente guardando bene in faccia una persona, quello che si cela dietro maschere costruite e ben portate una vita intera..ma occorre anche una sensibilità che non tutti hanno p vogliono avere, perchè quant’è più comodo e facile avere a che fare con maschere anzichè facce