Viaggiando in treno tra la Francia, il Belgio e la Germania ho spesso notato – ho quasi sofferto – il silenzio surreale che vige, come una norma non scritta e per questo d’impareggiabile vigore, nelle carrozze. C’è poco da dire, non vola una mosca: nessuno parla, nessuno confabula nemmeno e i trilli dei cellulari sono banditi da un’insistente quanto educata segnaletica istituzionale. E tant’è che la voce stessa dei controllori, quando, con un’educazione un po’ affettata augurano il buongiorno e chiedono i biglietti, risuona per me come un defibrillatore, che mi riporta al suono dell’esistenza.
Lo stesso correre del treno è soffice e attutito, regolare e per questo capace di cullare il sonno dei viaggiatori. Non ho mai visto tante persone in una carrozza addormentarsi tutte insieme e di un sonno dall’aria così soddisfacente. Nessun disagio nel viaggio, se non il mio, che nel silenzio asettico ricerco un suono di vita come un asmatico un respiro.
In Italia, per inciso, questa dimensione silenziosa è pressochè inimmaginabile. Che gli europei del nord siano più ben educati, più rispettosi del benessere auditivo del prossimo? Sarebbe una conclusione troppo facile. E se fossero semplicemente disinteressati perchè chiusi nell’unica vicenda che li porta a spostarsi in treno? Anche questa mi pare un’osservazione quasi banale.
Il punto centrale è invece un altro: che nel silenzio dell’uomo e di Dio siamo noi a doverci procurare un senso all’esistenza. E non è per niente facile.
Clara
16 novembre 2009
Mi piacerebbe leggere un tuo scritto “a contrario” sulle pubblicità lanciate ad altissimo volume, in sequenze sempre uguali, dalle decine di schermi televisivi della Stazione Termini di Roma.
abcdeeffe
16 novembre 2009
Vale lo stesso discorso: se Dio tace, qualcuno sceglie di rimpire il silenzio con le urla. Ma appena passo per Roma Termini verifico!